Acqua pubblica in Brianza quanto ci costi

di Laura Marinaro

Il percorso della gestione dell’acqua in Brianza, quello che avrebbe portato ad un affidamento illegittimo alla società partecipata Brianzacque e il progetto, ventilato anche dal sindaco (Pd) di Monza Roberto Scanagatti, di costruire un nuovo depuratore in un terreno ad Occhiate di Brugherio, sta generando polemiche, proteste e sospetti. Inoltre, secondo voci non confermate ufficialmente dalla Procura, ci sarebbe un’indagine in corso sugli appalti idrici e dei rifiuti, legata a quella che aveva portato in carcere l’ex assessore all’ambiente Giovanni Antonicelli. Sull’argomento si muovono per un verso i cittadini del Comitato Beni Comuni, ma anche i rappresentanti del Movimento Cinque Stelle che hanno presentato una interpellanza in Regione Lombardia, nella quale esaminano la situazione della gestione idrica in tutte le province lombarde. A Monza e Brianza la maglia nera delle stranezze. Prima di tutto l’affidamento senza gara della gestione idrica e del depuratore alla società partecipata Brianzacque, che – stando alla legge – non avrebbe avuto i requisiti. Ma soprattutto il percorso intrapreso dalla cosiddetta “casta dell’acqua” per liquidare Alsi, la patrimoniale storica del territorio con i conti in attivo, con lo scopo probabilmente di ripianare i conti in rosso di Brianzacque e permettergli la trasformazione in patrimoniale. Di qua il progetto, paventato dallo stesso sindaco di Monza pubblicamente nell’autunno scorso, di costruire un nuovo depuratore. Di fatto “gettando” via milioni di investimenti fatti per migliorare le tecnologie di quello di San Rocco (circa 15 milioni in 5 anni). Un quadro che per i cittadini monzesi e brianzoli potrebbe significare un aumento dei costi dell’acqua a fronte di un ignoto interesse pubblico. Partiamo dai fatti: l’ATO Monza (55 comuni) vede da un lato il peso notevole di Cap Holding, gestore unico integrato in Milano e altre province, dall’altro la presenza di ben sette patrimoniali e tre erogatori. Due delle patrimoniali (Alsi e Idra), possiederebbero tutti i requisiti a norma di legge per l’ in house, in pratica potrebbero unire tutte le reti. Ci si chiede allora perché affidare di nuovo a Brianzacque, patrimoniale con un buco sussurrato di circa 20 milioni di euro, che secondo la Legge non possiede i requisiti, la gestione dell’acqua? Una gestione ottenuta grazie ad una delibera provinciale numero 6 del 2010, a condizione che, entro la fine del 2011, espletasse una gara per la cessione a un privato del 40% del suo capitale sociale. Per farla breve il percorso di assegnazione alla partecipata va avanti fino a quando diventa ventennale. Piovono i ricorsi all’Agcm (autorità garante per la concorrenza e il mercato), al Consiglio di Stato e alla Corte Costituzionale, che si pronunciano tutti per la illegittimità. A dire il vero la società modifica il proprio statuto derogando sul fatto che diventa possibile l’affidamento “in house” senza gara. E lo fa dopo qualche giorno dall’affidamento. Secondo alcune norme forse non basta. Pesante la pronuncia dell’Agcm, autorità garante della concorrenza e del mercato, con nota del 3 maggio 2013 inviata all’ATO della Provincia di Monza e Brianza e a Brianzacque, segnala che, in assenza dei necessari requisiti per avere un affidamento diretto del Servizio idrico da parte di questa società, ulteriori proroghe successive alla data del 30 giugno 2013 dell’affidamento a suo favore, “non saranno più tollerate e paventa la possibilità di un intervento ai sensi dell’art. 21-bis della L. n. 287/1990”. Ma la società va avanti come un panzer. Intanto il 13 giugno 2013 la dirigente delle Partecipate del Comune di Monza presenta a sindaco, consiglio comunale e presidente dello stesso, in data 14 giugno 2013, una relazione in cui si definisce illegittimo il procedimento di affidamento in house a Brianzacque e il processo di fusione e svuotamento di Alsi. Citando l’Agcm e la sentenza della Corte Costituzionale n.320 per la quale è impossibile che la partecipata diventi patrimoniale, la dirigente spiega che è necessario che l’Ufficio di ambito predisponga strategie alternative per l’affidamento del servizio idrico integrato nel caso non si compia il percorso di adeguamento di Brianzacque entro il 2013. Missione praticamente impossibile. La cessioni di quote c’è stata ma non per la parte di Aeb e Gelsia (sul wuale nulla è detto nell’accordo, ndr). Dieci giorni dopo, nel nuovo Cda di Brianzacque entra a far parte il segretario generale del Comune di Monza, Mario Spoto, lo stesso che ha firmato quella relazione della dirigente. La domande è: traghetterà la società partecipata verso la legittimazione ad operare come patrimoniale gestendo quindi il futuro appalto di gestione ed erogazione dell’acqua e di costruzione eventuale del nuovo depuratore? È quello che la politica spera. Secondo i consiglieri grillini e il comitato beni comuni, però, il disegno che appare all’orizzonte potrebbe essere un altro: «Cedere al privato attraverso bandi e appalti pilotati e rimpinguare le casse delle solite partecipate, favorendo le caste, con i soldi dei cittadini inermi». Vero o non vero, la storia è questa e quello che i consiglieri regionali chiedono, è di attivare un dibattito serio sull’argomento: Acqua bene comune in fondo vuol dire questo. Perché dall’acqua e dai rifiuti – spesso – emerge il marcio». Se una battaglia si vuole fare anche sul cosiddetto “bene comune” come l’acqua è ancora una volta quella contro la corruzione. Le società partecipate che da una parte si mettono il cappello di pubbliche e dall’altra si comportano come spa non mostrando i conti riesco a fare il bello e il cattivo tempo con i soldi pubblici e non sempre nell’interesse dei cittadini ad avere un servizio migliore al prezzo giusto. A questo punto se privatizzazione deve essere, che privatizzazione sia ma con REGOLE certe della partita e senza alcuna possibilità di agire abusando come fanno le aziende partecipate. Perché così l’acqua diventerebbe un bene davvero comune e accessibile nel migliore dei modi a tutti.

2 settembre 2013

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