In manette per corruzione il prefetto di Benevento. Alla radice di tutto l’abuso del potere

di Laura Marinaro

L’attuale prefetto di Benevento, Ennio Blasco, è stato arrestato dalla Guardia di Finanza nell’ambito di un’inchiesta su presunti episodi di corruzione relativi a certificazioni antimafia di imprese di vigilanza privata, quando era prefetto di Avellino fra il 2009 e il 2011. Al prefetto i militari notificato un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari emessa dal gip di Avellino.

Questa la notizia Ansa che è rimbalzata questa mattina, 15 aprile 2014, su tutte le agenzie di stampa. La vicenda non la conosciamo a fondo e quindi non possiamo sapere su quali prove si basi l’accusa, tuttavia è ipotizzabile un abuso di funzione pubblica di questo importante funzionario dello Stato. Ormai non ci sconvolgiamo più davanti a notizie ricorrenti di arresti di importanti pezzi dello Stato per corruzione, tuttavia, ci chiediamo: quale è il nocciolo della questione? Tralasciando come origine della corruzione una fantomatica questione “morale” che attiene prettamente alla sfera personale di ognuno, potremmo dirigere la nostra attenzione verso l’abuso che viene esercitato, spesso fingendo che sia tutto normale, da chi deve garantire il funzionamento della cosapubblica. I prefetti dovrebbero essere quei pezzi dello Stato sul territorio che devono garantire la sicurezza e la legalità in ogni azione e scambio della vita sociale, politica ed economica delle periferie del Paese. Esattamente come i sindaci, i segretari generali, i presidenti delle province e delle Regioni, il Primo Ministro e il Capo dello Stato. Quando ciò non avviene è perché essi abusano delle loro funzioni e non è detto che lo facciano necessariamente per soldi. Per questo ancora una volta invitiamo a riflettere sulla necessità di tornare a colpire l’abuso del potente indipendentemente dallo scambio di denaro, indipendentemente da una mazzetta che ormai si è trasformata o non esiste più del tutto. L’azione di abuso del potente non è molto diversa da quella del mafioso. L’unica differenza è che il crimine dei colletti bianchi non usa la pistola. E noi di Cosapubblica non ci stancheremo mai di ripeterlo.

15/04/2014