Legge anticorruzione, le novità per la pubblica amministrazione

di Ermelindo Lungaro  – Presidente dell’Osservatorio legalità

Legge 190/2012 e la scadenza del 31 gennaio 2014 per l’adozione dei Piani di Prevenzione della Corruzione La legge 6 novembre 2012, n. 190, recante “disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 265 del 13 novembre 2012 ed entrata in vigore il 28 novembre 2012, ha profondamente innovato dal punto di vista normativo l’approccio alla gestione dei procedimenti amministrativi. Ha infatti centrato il duplice obiettivo di innovare un sistema normativo ritenuto da tempo inadeguato a contrastare fenomeni corruttivi sempre più diffusi e insidiosi e di ridurre il “gap” tra la realtà effettiva e quella che emerge dall’esperienza giudiziaria. Dopo una lunga gestazione, la riforma, presentata come momento imprescindibile per il rilancio del Paese ha avuto il merito di promuovere un approccio preventivo contro l’illegalità nella pubblica amministrazione. Ora la differenza la faranno come al solito i comportamenti dei soggetti coinvolti dall’applicazione della Legge, diversamente la sfida non sarà colta e ci troveremo per l’ennesima volta dinanzi all’ennesima riforma incompiuta che non farà altro che appesantire il livello di burocrazia e distaccare sempre di più i cittadini dalla politica. Le leggi in Italia non si sa con certezza quante siano. Si parla di diverse decine di migliaia e c’è chi azzarda che siano più di centomila. L’enorme produzione normativa probabilmente intende compensare, con continui adempimenti e sanzioni, l’assenza di valori. Le continue riforme, che hanno interessato la pubblica amministrazione negli ultimi venti anni, erano e sono tuttora finalizzate a rendere la stessa, più efficace, efficiente e più trasparente, introducendo una serie di semplificazione negli atti e nei procedimenti destinati ai cittadini, oltre a ridurre i controlli formali a favore di altre tipologie, con caratteristiche di merito e di sostanza. Purtroppo però tali leggi si sono sviluppate secondo linee direttrici non sempre univoche se non addirittura in contrasto fra di loro. Spero che, questa volta venga colto lo spirito della Legge 190, che è quello, come già accaduto più di 10 anni fa con il D.lgs. 231/01 in materia di responsabilità amministrativa per gli Enti Privati, di rafforzare all’interno della Pubblica Amministrazione il livello di responsabilizzazione al rispetto della legalità, attraverso un approccio sistemico risk based e facendo leva sul concetto di colpa organizzativa. Prendendo in prestito una formulazione usata spesso dalla Corte dei conti, si ha colpa di organizzazione in presenza di un’organizzazione pubblica organizzata confusamente, gestita in modo inefficiente, non responsabile e non responsabilizzata. La Legge 190 se da un lato punta sull’integrità, al fine di creare e diffondere consapevolezza nelle amministrazioni pubbliche e nella società civile sugli impatti negativi di comportamenti non etici dall’altro, introduce meccanismi e strumenti finalizzati a rendere le amministrazioni e, in particolare, le attività a maggiore rischio di corruzione, trasparenti e socialmente controllabili, con ricadute positive sul livello di servizio alla cittadinanza. Sono stati infatti introdotti quattro asset su cui impostare il buon governo della res pubblica: · l’adozione dei Piani di Prevenzione della Corruzione, entro il 31 gennaio 2014, nei quali si devono individuare i settori a maggior rischio e le soluzioni organizzative volte a ridurre quel rischio; · l’adozione di misure per l’integrità dei funzionari pubblici (es. previsione dei casi di conflitto d’interesse, inconferibilità e/o incompatibilità degli incarichi dirigenziali, elaborazione di codici di comportamento specifici, ecc.); · l’innalzamento dei livelli di trasparenza delle amministrazioni; · la tutela del whistleblowing. Mi concentrerò ora sulla novità che, secondo me, ha il maggior impatto organizzativo per le Amministrazioni Pubbliche, ovvero l’elaborazione, sulla base delle linee guida contenute nel Piano Nazionale Anticorruzione pubblicato solo recentemente, dei Piani di Triennale di Prevenzione della Corruzione, cercando di rispondere ad alcune domande pratiche: · chi deve elaborare il Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione, secondo quale metodologia e con quali competenze? Il Responsabile della Prevenzione della Corruzione deve proporre, ai fini dell’adozione da parte dell’organo politico, il Piano triennale di prevenzione della corruzione e gli adempimenti connessi (es. attuazione Piano, rotazione, selezione e formazione dipendenti) in collaborazione con le rispettive direzioni competenti e con gli altri Organismi di Controllo interno (ad esempio in materia di performance e trasparenza). La tecnica da privilegiare per raggiungere questo obiettivo dovrà essere quella di organizzare dei laboratori formativi con i propri colleghi finalizzati ad acquisire e condividere tutte le informazione che dovranno essere indicate nel Piano.

In particolare alcuni sessioni formative devono essere specialistiche per il responsabile della prevenzione, comprensive di tecniche di risk management, e per le figure a vario titolo coinvolte nel processo di prevenzione. Di recente la Sezione dell’Emilia Romagna della Corte dei Conti rispondendo ad un quesito presentato da un Comune circa l’obbligatorietà o meno di tale formazione, ha affermato che alla luce dell’impianto normativo richiamato e della salvaguardia dei valori costituzionali consacrati dall’art.97 della Costituzione, cui sono funzionali anche tali tipologie di formazione, è evidente il carattere obbligatorio del suo svolgimento e, stante l’assenza di discrezionalità circa l’autorizzazione della spesa relativa, ha stabilito che essa potendo essere qualificata come obbligatoria ricade fuori dell’ambito applicativo di cui al comma 13 dell’art.6 del D.L.78/2010. · come costruire i Piani di Prevenzione della Corruzione all’interno della Pubblica Amministrazione senza appesantire i processi amministrativi intaccando i livelli di servizio al cittadino? Il Piano deve individuare, nell’ambito delle aree a rischio, per ciascuna misura (obbligatoria e/o ulteriore) di prevenzione della corruzione da implementare il responsabile dell’implementazione e il termine per l’implementazione stessa. L’efficacia del Piano dipenderà dalla collaborazione fattiva di tutti i componenti dell’organizzazione e, pertanto, è necessario che il suo contenuto sia coordinato rispetto a quello di tutti gli altri strumenti di programmazione presenti nell’amministrazione per non inficiare altri obiettivi legati al mandato politico. Risulta pertanto importante stabilire gli opportuni collegamenti con il ciclo della performance ed individuare come misure di prevenzione della corruzione anche interventi normativi volti alla semplificazione e allo snellimento dei procedimenti amministrativi. · quali benefici cogliere a livello di organizzativo e di governance pubblica? La redazione del Piano e le verifiche periodiche svolte per garantire la sua efficace attuazione e idoneità oltre ad evitare la responsabilità disciplinare e/o da danno erariale del Responsabile per la Prevenzione della Corruzione, può produrre dei benefici a livello organizzativo, mi riferisco ad esempio all’omogeneizzazione dei procedimenti amministrativi, ad una più chiara e formale assegnazione degli ambiti di autonomia e di responsabilità del personale interno ed esterno (es. collaboratori) e alla formale definizione, nei confronti delle Società partecipate e/o controllate, di politiche di indirizzo improntate alla trasparenza e all’integrità, con obbligo di rendicontazione verso l’Amministrazione al cui controllo sono soggette. In virtù delle numerose normative richiamate dalla Legge 190, le Amministrazioni Pubbliche potrebbero inoltre valutare l’opportunità di introdurre al loro interno una Funzione di Internal Audit & Compliance, con il compito di rafforzare il sistema di controllo interno e di assicurare la conformità dei comportamenti alle norme. Tale funzione potrebbe far aumentare la trasparenza, creando un patrimonio informativo unico, condiviso, aggiornato, accessibile a tutti ed aiutare ad individuare eventuali fenomeni di frode, peculato, truffa e/o di corruzione sconosciuti che permettono di migliorare efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa. Ma il beneficio indotto più sostanziale potrebbe essere quelle di eliminare ogni margine gestionale in capo agli organi politici, nel presupposto che le decisioni, debbano essere attuate, in piena autonomia e nel rispetto dei regolamenti introdotti in attuazione del Piano di Prevenzione della Corruzione, dagli organi tecnici specializzati che, almeno in linea teorica, dovrebbero essere più preparati e professionalmente più “affidabili” degli organi politici, oltre ad essere, sempre in linea ipotetica, meno esposti a condizionamenti e/o pressioni da parte di cittadini – utenti ma anche elettori. Vi è però un aspetto che, a mio modo di vedere, rimane da approfondire per una più completa attuazione della legge, ovvero l’applicabilità dei contenuti delle norme anticorruzione agli Enti Pubblici Economici ed alle Società private in controllo pubblico (non quotate in borsa). Dalla lettura combinata della Legge 190/2012 e del Piano Nazionale Anticorruzione, sembra infatti emergere un potenziale difetto di coordinamento.

Ciò in quanto, mentre da una parte il comma 34 dell’articolo 1 della legge, limita espressamente l’applicazione delle sole disposizioni dal comma 15 al 33 anche “ … agli enti pubblici nazionali, nonché alle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche e dalle loro controllate, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea”, dall’altra il Piano Nazionale Anticorruzione, estende agli stessi enti molte altre disposizioni in deroga ai contenuti di legge: mi riferisco in particolare alla predisposizione del Piano di Prevenzione della Corruzione e alla nomina del Responsabile Anticorruzione. Sono consapevole che si tratta di una Legge ancora giovane che produrrà i suoi effetti nei prossimi anni ma auspico che se da una parte le Amministrazioni Pubbliche cercheranno di attuarla in modo sostanziale, andando oltre la “paper compliance” dall’altra il Governo si occupi di monitorarne gli effetti prodotti e se necessario proceda ad un riesame della stesa al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi per cui è stata introdotta. Si potrebbe ad esempio iniziare prendendo in considerazione, in virtù della complessità progettuale per l’elaborazione del Piani di Prevenzione della Corruzione attraverso le tecniche di risk managament, l’opportunità di prorogarne la scadenza: il Piano Nazionale Anticorruzione è stato reso pubblico l’11 settembre 2013 e la prima scadenza per l’elaborazione dei Piani è stata fissata il 31 gennaio 2014.

13/03/2014