Poliziotti in manette per corruzione sui permessi di soggiorno: storia di una trasparenza inesistente

Corruzione senza fine. In questi giorni a parte le notizie clamorose sulla Cupola di Mafia Capitale, una notizia colpisce più delle altre: sono stati arrestati due poliziotti del Commissariato di Cinisello Balsamo perché prendevano soldi in cambio di permessi di soggiorno falsi agli stranieri.

Una notizia, purtroppo, non nuova, in grado di gettare luce su un vero e proprio fenomeno dei nostri tempi: quello della corruzione fiorita nei decenni intorno agli immigrati clandestini. Dai viaggi organizzati da sedicenti scafisti legati ad organizzazioni mafiosi criminali, fino a mazzette in cambio di posti di letto nei centri di accoglienza, fino a quelle in cambio dei permessi di soggiorno.

I fatti in breve: gli agenti arrestati sono un ispettore capo di 48 anni (responsabile dell’ufficio immigrazione) e un assistente capo di 47 anni. I due ricevevano il mediatore e i «privilegiati», ovvero coloro che avevano una corsia preferenziale nell’essere ricevuti con gli incartamenti. Orari diversi, entravano a ufficio chiuso, saltavano la coda. E ovviamente non era necessario che dicessero la verità su quello che facevano. Non era richiesto. Faceva parte dei vantaggi. Dopo dieci mesi di indagine degli investigatori della Mobile di Milano hanno portato all’emissione di 23 ordinanze di custodia cautelare, delle quali 8 in carcere, (i due poliziotti corrotti) 5 ai domiciliari, 10 con obbligo di firma. Fino ad ora le pratiche «aggiustate» sarebbero una decina, ma ce ne sono almeno altre duecento da analizzare. Gli otto italiani destinatari di un provvedimento della procura di Monza sono persone scoperte a firmare finte attestazioni di lavoro per extracomunitari in cerca di permesso.

La lettura dei fatti: anche in questo caso emerge l’assenza assoluta di controlli a monte. Per quei poliziotti corrotti e per i loro complici è stato possibile organizzare il giro dei permessi a pagamento perché nessuno sopra di loro controlla, o perché non esiste un sistema trasparente di tracciabilità del documento in questione, ovvero del permesso di soggiorno. Inoltre c’è da chiedersi: ma quando l’immigrato con il permesso falso va a chiedere un lavoro, come mai nessuno si accorge che è falso?

La speranza anche per arginare questo tipo di corruzione spicciola, ma odiosa, è sempre la stessa: la trasparenza di tutti gli atti amministrativi e pubblici. La trasparenza assoluta. Ma per ora non c’è!

Laura Marinato