Rifiuti, la burocrazia e gli abusi di un Ente pubblico rischiano di distruggere un’azienda green

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di Laura Marinaro

Il crimine dei colletti bianchi non usa la pistola. Basta un atto legittimo formalmente, ma che nasconde un abuso, per distruggere un cittadino e impedire ad un’azienda onesta di lavorare con le pubbliche forniture. Questo è il senso della storia, che è avvenuta a Monza, ma che richiama storie simili del noto Sistema Sesto. Il succo è questo: un’azienda specializzata nello smaltimento dei rifiuti e totalmente green (al punto che il Ministro Clini l’ha scelta per sanare la situazione romana) perde un appalto dal Consorzio, di cui l’amministrazione monzese è socio di maggioranza, per quattro mesi. Fa poi ricorso in via d’urgenza al Tribunale di Milano che, in sede di reclamo, gli dà ragione. La decisione dell’Ente pubblico, infatti, per i Giudici è pretestuosa. Il caso ha portato il privato a perdere centinaia di migliaia di euro di entrate e a rischiare posti di lavoro anche per i suoi dipendenti. Un caso che mette in luce, ancora una volta, come spesso le amministrazioni pubbliche giochino sulla pelle delle imprese e dei cittadini, visto che per resistere ai ricorsi della ditta hanno dovuto nominare avvocati pagati dalle casse pubbliche. A raccontare la vicenda, che per ora sembra conclusa, è Enrico Corioni, titolare della Corioni Servizi Ambientali Srl nata nel 1967 e con sede a Monza in via della Taccona. Un’azienda che da anni si è votata al green e che per questo ha ottenuto numerosi riconoscimenti. Possiede infatti un macchinario che separa i rifiuti secchi “buoni” da quelli “cattivi” e smaltendo come Css, Combustibile Solido Secondario, in modo totalmente ecosostenibile, consente anche di risparmiare e inquinare molto meno dei normali termovalorizzatori. Tutto inizia a novembre 2011, quando il Consorzio Provincia Brianza Milanese di Smaltimento rifiuti solidi urbani, di cui il Comune di Monza è socio di maggioranza, indice una gara per l appalto del servizio di smaltimento e trattamento finalizzato al recupero dei rifiuti solidi urbani (RSU), frazione secca residuale, da raccolta differenziata provenienti da tutti i Comuni consorziati. «Allora il Consorzio bandisce una gara per 20mila tonnellate all’ anno e per tre anni fino al 2014 – spiega il titolare Enrico Corioni – la nostra ditta quindi risulta vincente». Il lavoro prosegue nel migliore dei modi. La Corioni, che utilizza un metodo unico in Italia per trasformare i rifiuti in energia ecosostenibile, ottiene ottimi risultati. Ma nel 2013, (quando l’amministrazione monzese passa di mano dal centrodestra al centrosinistra), iniziano i problemi. Cosa accade? «Nel 2013, dopo un anno di pieno esercizio in un modo eccellente, senza creare nessun problema, inizia il dissidio con il responsabile tecnico del Consorzio e, pertanto, allo scadere del suo mandato, nel giugno del 2013, il giorno 24 ci viene comunicata la risoluzione del contratto di appalto». Non crediamo che sia stato quel funzionario a decidere di agire così ma non è un caso e comunque qualcuno sopra di lui ha avallato o non ha controllato. L’Ente, ovviamente, per legittimare in qualche modo il provvedimento invoca un “grave inadempimento del contratto di appalto”, assumendo che Corioni avrebbe cambiato il luogo di conferimento di parte del rifiuto inerte senza avvertirli ovvero avrebbe “mutato il senza il preliminare consenso dell’ente appaltante dietro motivata richiesta dell’appaltatore”. A quel punto Corioni ricorre in via d’urgenza al Tribunale Civile di Milano, sezione specializzata in materia d’impresa, ma, mentre nella prima fase si vede respinta la richiesta di accertamento dell’illegittimità del provvedimento del Consorzio, con conseguente reintegro di Corioni nel contratto d’appalto, per motivi meramente procedurali e per una errata interpretazione delle clausole del contratto stesso da parte del giudice, in sede di reclamo davanti al Collegio, nell’ordinanza del 10 ottobre 2013, il Tribunale dà ragione all’imprenditore, considerando del tutto illegittima la risoluzione contrattuale dell’Ente pubblico. A questo punto Corioni ha ripreso il servizio e sembra fino a quando non scade l’appalto. «Certo ora siamo soddisfatti – ha concluso il titolare della ditta – ma alla fine credo che siamo stati vittima di un comportamento poco consono ad un ente pubblico e sinceramente non ne comprendiamo il motivo. Abbiamo vinto l’appalto regolarmente e senza quei giochetti di cui ormai l’Italia è piena, Noi non usiamo i forni inceneritori per trasformare i rifiuti, ma forse le amministrazioni preferiscono invece che si faccia…». Certo è che nei quattro mesi in cui il servizio è stato tolto alla Corioni, il Consorzio ha conferito i rifiuti in tre impianti non monzesi: il termovalorizzatore “Prima srl” di Trezzo sull’Adda, il Core Spa di Sesto San Giovanni e l’A2A o Amsa Milano (solo marginalmente). Sarà un caso ma tutte amministrazioni dello stesso colore di quella monzese.  Infine un’ultima domanda : Corioni ha vinto, ma chi non ha le risorse e le competenze per resistere ad un’amministrazione pubblica che abusa, cosa fa, viene stritolato e chiude? Un’altra risposta all’origine della crisi che uccide le imprese.

10/11/2013