La costruzione del consenso: le tecniche di Matteo Renzi

Abbiamo bisogno solo di gente onesta” diceva il filosofo Benedetto Croce un’ottantina di anni fa. L’onestà, questo è assodato, non è stato l’elemento principale dell’ultimo ventennio della politica italiana, né tanto meno di questo periodo. Certo, al governo c’è Renzi, che – per ora – non può essere accostato dal punto di vista penale ai suoi illustri predecessori. La disonestà dell’ex sindaco di Firenze, se si può chiamare così, non si gioca sul filo del reato ma su quello della comunicazione.

E’ quanto emerge dalla riflessione del giornalista Marcello Foa di Informare per Resistere, che ha pubblicato una riflessione in cui spiega le tecniche di costruzione del consenso che Renzi ha adottato per giungere dove dov’è attualmente: al timone della politica italiana, forte del 40% di voti alle ultime elezioni.

Dal punto di vista della comunicazione, Renzi è l’erede di Berlusconi, che però – stando all’analisi del giornalista – si è sempre basato sull’istinto, ma soprattutto è l’erede di quei politici anglosassoni che si approcciarono alla questione del consenso con un metodo più scientifico. Foa cita, come principale fonte di ispirazione per il nostro premier, Tony Blair. Peccato che non ne abbia anche la genuina (per quanto discutibile dal punto di vista dei contenuti) verve riformatrice.

Le tecniche utilizzate da Renzi sono frutto delle elaborazioni, prima teoriche e poi pratiche, degli studiosi di comunicazione politica che hanno affiancato i policy maker anglosassoni a partire dagli anni Settanta. Gli strumenti di chi vuole edificare attorno a sé del consenso il più possibile duraturo si incentrano, come è ovvio che sia, sul rapporto tra il politico e i mezzi di comunicazione. La costruzione del consenso fa rima come media management, un concetto che ricorre nel marketing di prodotto, e che, se traslato in politica, contribuisce alla sua reificazione, con la conseguenza perdita dell’aura di nobiltà che invece dovrebbe caratterizzarla.

Le tecniche di comunicazione politiche privilegiate da Renzi procedono da due obiettivi intermedi. Il primo è rappresentato dal concetto di trasversalità. Il politico per costruire un consenso esteso deve piacere a tutti, quindi a categorie anche diverse tra di loro. Da questo punto di vista, il tema della conquista dei voti berlusconiani appare come l’espressione politica – e quindi socialmente accettabile –  di quel concetto.

La tecnica attraverso cui Renzi giunge alla trasversalità è nota in comunicazione con il termine “coppia contrastiva”.

Il premier inserisce spesso nelle sue dichiarazione una coppia contrastiva, ossia due frasi che sul piano della forma tanto quella del contenuto si contraddicono a vicenda, ma che assieme contribuiscono comunque a dare un senso logico alla frase. Ecco qualche esempio:

Io sono contro la disoccupazione, però non si può negare che di fronte a certi comportamenti il licenziamento è giusto.

Io da uomo di sinistra riconosco i diritti dei lavoratori, però non possiamo dimenticare quelli degli imprenditori.

Io, da cattolico, sono per la famiglia tradizionale, però non posso non essere solidale con i gay

Con queste affermazioni punta a rendersi appetibile sia agli elettori di destra che a quelli di sinistra.

La seconda tecnica procede da un altro obiettivo intermedio, ossia dirottare l’attenzione su argomenti in grado di non nuocere al consenso. Lo strumento per raggiungere questo fine è il controllo sui media. Ovviamente non siamo di fronte al un controllo coattivo, ma un controllo “intelligente”. Renzi gestisce l’operato dei mezzi nei suoi confronti “nutrendoli”. Preoccupandosi che questi parlino delle sue affermazioni, che quindi devono essere roboanti, si assicura che alcuni argomenti vengano evitati. E’ una sorta di patto non scritto, un do ut des spesso inconsapevole. I giornali ricevano notizie appetibili, e in cambio non parlano di quelle necessarie a una corrette informazione ma che poco piacciono all’audience (perché complicate).

Da qui, l’abitudine di Renzi a parlare per slogan e ad annunciare in continuazione riforme epocali. Per ora, sta funzionando. Arriverà però il momento in cui il bisogno di concretezza sovrasterà l’efficacia di queste tecniche. E’ già successo in passato.

– Giuseppe Briganti