La serrata simbolica di Imprese Che Resistono, un segnale di ribellione da cui ripartire

Di Laura Marinaro

C’era l’imprenditore, la coppia di consulenti immobiliari, il piccolo negoziante e poi tanti altri liberi professionisti, commercianti e imprenditori di se stessi alla serrata simbolica organizzata il 26 novembre 2013 da Imprese che Resistono in alcune piazze d’Italia e soprattutto su Facebook dove le adesioni nominali sono state 6 mila.

Loro hanno deciso di raccontare le proprie storie di resistenza estrema ad un sistema di tassazione e vessazione dell’imprenditoria esagerato, che sta portando allo sfacelo il Paese. Ma perché resistere oggi?Alcuni lo fanno perché amano questo paese, il loro lavoro e perché non c’è alternativa, altri perché ancora qualche soldo da parte c’è…ma finirà. Ma sui loro volti e nelle loro voci iniziamo a leggere una sana voglia di “ribellione”, anche se pacifica. Per questo li invitiamo tutti in CosaPubblica, a portare le loro esperienze di lotta e resistenza, e, perché no, ad attivarsi per far sì che questo sistema di ruberie che ci vessa dalla testa finisca! Ecco le loro storie, commentatele da soli… «Si resiste perché non si può fare altro, le tasse quest’anno non siamo riusciti a pagarle, se va bene paghiamo quelle in scadenza al 2 dicembre – racconta Maurizio Nasi, consulente immobiliare insieme alla moglie, entrambi milanesi – del resto il nostro lavoro è basato sulla pubblicità e se mi viene a mancare quella, chiudo tutto e me ne vado…. dove non si sa…».

La crisi Maurizio e la moglie l’hanno sentita e la sentono in modo netto: «Avevamo una segretaria, abbiamo cercato di tenerla il più possibile, ma alla fine qualche mese fa ho dovuto dirle trova un altro lavoro – ha aggiunto – Da 20 anni non ho mai avuto un periodo così brutto, pensi che abbiamo dovuto pagare 600 euro di multa per aver presentato in ritardo di un giorno in banca un F24 per l’Iva da 0 euro!!!» Il settore edilizio è uno dei più critici e Maurizio pensa che l’origine di tutto sia anche nella illegalità della Pubblica amministrazione: «Pensano che l’evasione si combatta alzando le tasse – conclude – ma si sta creando esattamente l’effetto contrario specialmente nel nostro settore». Meno 40 per cento negli acquisti natalizi e più 70 per cento di tasse per i commercianti e i piccoli artigiani. Questi i numeri di Confindustria sciorinati da questi imprenditori resistenti che vogliono farsi sentire ma senza clamori e con il lavoro, che chiedono solo una minore pressione fiscale per far ripartire l’economia interna senza pensare solo all’export.

«Dove finiscono le tasse che paghiamo, se devo anche portare la carta igienica nella scuola pubblica? – si chiede Paolo Federici, 60 anni, padre di quattro figli e imprenditore da una vita – Io mi occupo di trasporti internazionali e ho dieci dipendenti, ma la voglia di trasferirmi in Svizzera baracca e burattini dove anche ai miei operai darei di più è forte; in questo momento sto facendo un trasporto eccezionale di un’intera azienda smembrata tre anni fa a Magenta e trasferita in India dove verranno assunte 300 persone e questa la chiamano esportazione? Lo Stato non doveva permettere che quell’azienda chiudesse qui, piuttosto che portarla di là dove tutto costa meno e dove anche le tasse sono minori». Ma come si fa a resistere qui in Italia? «È difficile, per fortuna noi siamo stati previdenti e abbiamo messo da parte quello che stiamo usando oggi per resistere – ha proseguito – ma quando finiranno l’unica scelta sarà andarsene; se sono riuscito qui a mettere in piedi un’azienda non posso riuscire altrove dove la pressione fiscale è minore e dove so dove vanno a finire le tasse che pago?» Paolo ha figli grandi e una che sta facendo un dottorato in Università. «Le ho detto di andare all’estero, qui non c’è futuro soprattutto nelle professioni intellettuali…io ho 60 anni non posso andare tanto lontano…». Anche Stefano Marani Tassinari, consulente di direzione ,è poco motivato a resistere «il punto è che la pressione fiscale e la macchina burocratica stanno stritolando tutto – ha raccontato – ho 50 anni e lavoro con tariffe più basse che nel 1993 quando ero giovane e ho ricevuto una cartella da 20 mila euro perché lo stato presume che se una srl non ha dipendenti oltre l’ammistratore, questo funge da dipendente e oltre i normali contributi sul suo reddito lo iscrive d’ufficio alla cassa IVS che costa sui 3500 all’anno ma in più dei contributi normali…io ho fatto ricorsi ma alla fine il terzo grado di giudizio ha sancito che essendo contributi si poteva fare e quindi ora devo pagare!!!»

27/11/2013