Patteggiamenti per la cupola di Expo (ovvero, come è difficile la lotta alla corruzione)

Tangenti Expo: patteggiano tutti, tranne l’ex dg Rognoni. La cupola bipartisan degli appalti sull’opera è dimostrata, ma non sarà mai giudicata. Il Gup milanese Ambrogio Moccia ha infatti accettato – come spesso accade anche per velocizzare la Giustizia – le proposte dei legali degli imputati. Per l’ex senatore Luigi Grillo due anni e otto mesi più multa di 50 mila euro. Gianstefano Frigerio, ex parlamentare del PDL ed ex tesoriere della Dc nella prima Tangentopoli, tre anni e quattro mesi. Primo Greganti, il compagno G di Tangentopoli, con già tre condanne definitive alle spalle, patteggia tre anni e una multa di 10 mila euro. Per l’imprenditore Maltauro – che ha scoperchiato i segreti della cupola – due anni e 10 mesi. L’intermediario Sergio Catozzo, esponente ligure dell’UDC, tre anni e due mesi. L’ex general manager di Expo, Angelo Paris, due anni e sei mesi e un risarcimento di 100 milioni alla società Expo. Per tutti misure alternative.

Intanto rimane impensabile che la cupola, intenta a spartirsi un affare da 11 miliardi di euro, si sorreggesse solo su questi nomi. L’iceberg rimane sommerso. Dice intanto Maltauro a verbale:

Tutti questi personaggi ed in particolare Frigerio e Greganti mi sono sempre apparsi in grado di interagire con numerosi soggetti, orbitanti sia nell’alta amministrazione dello Stato, sia nelle più significative società a partecipazione pubblica: in sostanza, essi erano in grado di intervenire in favore degli imprenditori di riferimento, nell’ambito soprattutto delle procedure di gara, intervenendo su pubblici funzionari competenti grazie a mediazioni, frequentazioni ed aderenze politiche. Questo intervento (sui pubblici funzionari) veniva quasi sempre svolto in maniera organica e congiunta, nel senso che essi erano in grado di fare perno sulle più svariate componenti politiche di riferimento, sempre tenendo conto delle circostanze e del personaggio da favorire.

Va a processo soltanto l’ex direttore generale di Infrastrutture Lombarde, Antonio Rognoni, che sarà giudicato con rito immediato il 2 dicembre prossimo. Te pareva, si potrebbe commentare… Questa volta, tuttavia, il patteggiamento, almeno per due degli imputati eccellenti non ha significato “che hanno parlato” tutti, ma che alcuni di loro invece hanno problemi di salute o di età. Molti italiani grideranno allo scandalo, altri non se ne accorgeranno nemmeno. E sì perché, se la notizia del Sistema Expo aveva sconvolto la Lombardia e l’Italia, anche mediaticamente appena era scoppiata, ma oggi finisce in sordina.

Cade nel dimenticatoio perché non ci sarà un processo in aula con dibattimento? Noi non crediamo. La verità è che la corruzione ha sempre poco appeal mediatico e questo perché anche gli organi di stampa vogliono che sia così, ma la verità è anche che l’Expo ormai si deve fare, deve andare avanti, costi quel che costi. E a fronte dei biglietti che si stanno vendendo (le fonti ufficiali parlano di almeno 4 milioni, addirittura), meglio non sporcare l’evento.

C’è poi un altro fatto che sconcerta ancora. In un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano da Raffaele Cantone, il magistrato Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, emerge l’impotenza dei cittadini nel contrasto del fenomeno.

Cantone ammette di aver concorso a far emergere dei fatti confluiti negli scandali Mose ed Expo, tuttavia rimarca di non avere poi tutti i poteri di agire nella repressione. Alla domande del giornalista: «Ma sul piano repressivo si sta facendo abbastanza? Lei ha detto più volte che bisogna intervenire su falso in bilancio, prescrizione e attività investigative…

Cantone risponde:

Questi temi sono stati inseriti nel contesto della riforma della giustizia, ma io mi auguro che prima o poi vengano stralciati e trovino una corsia preferenziale. Anche se interventi come quelli sull’autoriciclaggio o il falso in bilancio vanno ben calibrati. Per fare emergere i reati di corruzione occorre invece una riflessione ulteriore, sul versante repressivo, che però non ci compete.

Cantone rimarca insomma come sia difficile agire per la sua Autorità, a livello penale, ma insiste sulla collaborazione con la Corte dei Conti e con i cittadini. Partecipare ai dibattiti, uscire dagli uffici giudiziari per i magistrati anticorruzione è fondamentale per far capire agli italiani come vengono derubati e cosa fare. Interessante l’esperimento sul numero per le segnalazioni anonime il cosiddetto whistleblowing attivato dall’Anac. Ma su questo – uno strumento che alimenta la trasparenza, ovvero l’unica via per combattere la corruzione per il cittadino – c’è ancora molta strada da fare. «Ad oggi sono arrivate circa 40 segnalazioni di cui la metà erano abbastanza utili – dice Cantone – Il rischio del whistleblower è però che diventi uno sfogatoio. E poi resta il problema di una procedura che in tutte le fasi garantisca l’anonimato di chi ci scrive. Ci siamo lavorando. Ma mi faccia aggiungere una cosa. Non le sembra strano che non siamo riusciti a trovare un nome italiano per questo istituto? Il solo fatto che non sia facile trovare una parola adatta la dice lunga sulla nostra situazione culturale. In italiano qualsiasi traduzione ha un sapore dispregiativo: delatore, collaboratore…».

Tutto vero, ma finchè la Legge punisce fino a 3 anni di carcere il cittadino o l’imprenditore che denuncia la corruzione, ammettendo quindi di aver commesso il fatto, non risolveremo molto. Pensiamoci: finché le leggi le fanno i corrotti è difficile fare la lotta alla corruzione!

 

Laura Marinaro