Giustizia: una riforma nata morta

In questi giorni si susseguono febbrili gli incontri tra le forze politiche per delineare i contorni della riforma della giustizia. Il Governo Renzi sta salutando come suo solito questi lavori con grande entusiasmo: d’altronde i toni trionfalistici, o secondo alcuni semplicemente ottimisti, rappresentano la norma per l’ex sindaco di Firenze.

Eppure la riforma della giustizia è viziata fin da queste prime fasi da alcune contraddizioni all’apparenza insanabili. Il primo ad accorgersene è stato Marco Travaglio, che qualche settimana fa aveva criticato aspramente la conferenza con cui Renzi ha presentato le linee guida. Il giornalista de Il Fatto ha colto fin da subito la contraddizione più grande: la riforma è (o sarà) frutto non della concertazione tra i partiti e le parti sociali, bensì tra Renzi e Berlusconi, dunque una sorta di compromesso al ribasso in cui di certo non mancheranno i favori al leader di Forza Italia. Secondo alcune voci di corridoio, il patto del Nazareno si fonderebbe proprio su favori di questo tipo (in cambio dell’alleanza sul fronte delle riforme costituzionali). Alla luce di questi elementi, Renzi, in quella conferenza stampa, non poteva essere specifico sui contenuti, che infatti sono rimasti molto vaghi.

Questo il giudizio lapidario di Marco Travaglio: “Ha messo giù (Renzi ndr), col consueto trust di cervelli, una lista di slogan e frasi fatte, tipo pensierini da scuola elementare, spostando avanti di due mesi la scadenza del ddl”.

All’apparenza, però, la politica sta facendo il suo corso. Il ministro della Giustizia, come è logico che sia, sta consultando i partiti presenti in Parlamento e – anche – sulla base delle opinioni raccolte il Governo redigerà il ddl. Ad alcuni è sembrato una messa in scena, fumo negli occhi per coprire le vere trattative, quelle tra Renzi e i berlusconiani. E’ di questa idea il Movimento 5 Stelle, che ha disertato l’incontro con il ministro Orlando proprio perché certo della sua inutilità.

Ma ammettendo che la riforma della giustizia non sia stata pensata per Berlusconi, l’iter è comunque viziato da alcuni elementi come minimo pericolosi. In primis, dai protagonisti della vicenda. Ricordiamo, per esempio, che Orlando fu scelto come titolare del dicastero perché a Gratteri – con lui le cose sarebbero andate diversamente – fu impedito per qualche strano motivo di fare parte del Governo. E Orlando, questo è noto, è molto più vicino in tema di giustizia alle posizioni di Forza Italia. Insomma, è garantista.

A destare le maggiori perplessità sono però i “compagni” di Orlando. Primo tra tutti il sottosegretario alla giustizia Enrico Costa. Di quota Ncd, fedelissimo di Berlusconi fino alla rottura di Alfano, si è sempre dimostrato sensibile alle istanze dell’ex cavaliere. Non ispira altrettanta fiducia nemmeno Cosimo Ferri, altro sottosegretario, membro della magistratura tra i più conservatori e affini al centrodestra. Insomma, con queste due figure è probabile che la riforma della giustizia, millantata da Renzi come rivoluzionaria, assomigli molto a quelle proposte ai tempi del Pdl.

I punti sui quali le contraddizioni e le derive destrorse potranno impattare con maggiore incisività sono proprio quelli cari a Berlusconi: responsabilità civile dei magistrali, falso in bilancio (tutt’ora depenalizzato), intercettazioni telefoniche, prescrizione. Con le zavorre rappresentate da Costa e Ferri, il Pd difficilmente riuscirà a produrre norme che rispondano al buon senso e al principio di legalità. Sempre che, come specificato all’inizio dell’articolo, qualsiasi discussione a riguardo sia da principio inutile a causa dell’accordo (che può benisimo esserci stato) tra Renzi e Berlusconi. In questo caso, la riforma della giustizia sarà a immagine e somiglianza di B.

Nel frattempo segue a spron battuto la battaglia de Il Fatto Quotidiano, che ha lanciato una petizione contro “i ladri della democrazia”. Le ruberie vanno intese, ovviamente, anche nei confronti della giustizia. Hanno aderito in 235mila, tra cui esponenti della vita pubblica italiana.

Nonostante questo, il consenso intorno a Renzi pare non vacillare. Vedremo se il favore attorno al premier non sarà compromesso nemmeno da eventuali patti segreti con Berlusconi.

– Giuseppe Briganti