Lotta alla corruzione secondo Renzi: novità ed errori

Le indagini di Mafia Capitale, a quanto pare, hanno scosso la politica. Hanno scosso – sempre stando alle apparenze – anche il Partito Democratico. Renzi ha ordinato il commissariamento del Pd di Roma e ha annunciato una nuova riforma sulla corruzione. A prescindere dal fatto che tra il dire e il fare c’è una bella differenza, cosa si può dire sulle proposte del Governo? Ecco come il premier vuole fare la lotta alla corruzione.

Le pene. Aumentano le pene per il reato di corruzione. Dagli attuali 4-8 anni si arriverà a 6-10 anni. Si tratta di una modifica sostanziale, non solo di una bandiera da sventolare in prospettiva elettorale. Le pene a sei anni, infatti, non permettono al colpevole di accedere alle attenuanti che potrebbero evitargli la detenzione. E’ infatti l’attuale sistema a determinare un dato paradossale: sono 257 i carcerati per corruzione in tutta Italia.

Prescrizione. Uno dei problemi della giustizia dell’Italia è rappresentato dalla lentezza dei processi la quale, combinata a tempi di prescrizione veramente bassi, rende veramente difficile per un colpevole scontare la pena, men che meno in carcere. Ebbene, se le proposte di Renzi si concretizzeranno la prescrizione sarà congelata per due a partire dal secondo grado di giudizio, quello dell’Appello. Ovviamente, non si tratta di una misura in grado di risolvere il problema dei processi che cadono in prescrizione ma rappresenta comunque un passo in avanti.

Confisca. L’istituto della confisca allargata si estenderà anche ai reati per corruzione – attualmente viene disposta per i reati di stampo mafioso. Soprattutto, coinvolgerà anche i parenti del corrotto. Può sembrare una sorta di vendetta trasversale da parte dello Stato, ma è solo un modo – almeno all’apparenza efficace – affinché venga restituito il maltolto. Molto semplicemente, la confisca riguarderà anche gli eredi, che così potranno essere privati dei beni del “parente criminale”.

Patteggiamento. Ovviamente si potrà sempre patteggiare, ma a una condizione: che si restituisca tutto il maltolto. Un corrotto potrà “collaborare” e ridurre la pena solo una volta che avrà versato nelle casse dello Stato quanto ha acquisito con le sue attività illecite.

Come possono essere giudicate queste proposte? Prese singolarmente sono positive ma, se si analizza il problema da un punto di vista più generale, si può affermare che il Governo guarda il dito e non la Luna. Uno dei più grandi problemi è rappresentato sì dal fatto che il rischio (la pena) è troppo basso rispetto al beneficio (proventi della corruzione). Il problema più grande è però la difficoltà a far emergere i fenomeni corruttivi. Questo perché la corruzione è un reato-contratto, ossia produce vantaggi sia per le vittime che per i carnefici, quindi perché qualcuno dovrebbe parlare? Nelle proposte di Renzi non c’è nulla per ovviare a questo ostacolo.

Una soluzione sarebbe quella avanzata da Raffaele Cantone, presidente dell’ente anti-corruzione, che sta spingendo in questo periodo per l’istituzione dell’agente provocatore. D’altronde è una figura abbondantemente utilizzata negli Stati Uniti. Come un vero e proprio infiltrato, si addentrerebbe tra lo “sporco della corruzione” e individuerebbe corrotti e corruttori.

Giuseppe Briganti