Mafia Capitale mangiava pure con Mare Nostrum: il giudizio di Cantone

A Roma c’è chi ha fatto i milioni lucrando sulle disgrazie altrui. I criminali di Mafia Capitale, per esempio, si sono ingrassati sulla pelle dei rom. Ma non solo. Dalle intercettazioni è emerso che Carminati e co. gestivano i fondi destinati a Mare Nostrum. Con il consueto tono da pallone gonfiato, che rivela l’orgoglio – ovviamente malato – nel depredare la Cosa Pubblica, i fasciomafiosi affermavano: “Per i 200 milioni di Expo è stato fatto tanto caso, qui ci sono 150 milioni pronti”.

Tra gli altri, ha commentato queste parole Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità anti-Corruzione. In un’intervista all’Espresso ha cercato di restituire la dimensione del fenomeno, le sue dinamiche, le sue cause. Il tutto in una prospettiva diversa, sicuramente più profonda, da quella offerta dai giornali e dalle televisioni.

Com’è potuto accadere che un manipolo di mafiosi si appropriasse del denaro destinato a salvare le vite dei migranti?

Secondo Cantone “per l’assistenza ai profughi sono stati spesi fondi enormi senza trasparenza, seguendo solo la logica dell’emergenza: fiumi di denaro pubblico investiti tutti e subito, senza chiedersi a chi venivano dati. Ancora oggi non si riesce a capire con quali criteri vengano assegnati i contratti. Inevitabilmente i clan si sono inseriti nel business”.

Il Business dei business rimane comunque l’edilizia, che continua a essere una priorità nei piani della criminalità organizzata. Per quanto riguarda Roma, ancora una volta, a farne le spese è stato il progetto della linea C. La confusione ha regnato sovrana fin dai primi momenti, creando così l’humus ideale per l’infiltrazione mafiosa.

La confusione non è ovviamente il fattore decisivo e nemmeno uno tra i più importanti. A incidere, purtroppo, è un semplice fatto: l’azione mafiosa – soprattutto in chiave corruttiva – fa gola alla parte di imprenditori meno onesti. Cantone infatti afferma: “Io sono convinto che l’imprenditoria italiana abbia le sue responsabilità. Nel periodo delle vacche grasse ha imposto lo smantellamento di ogni sistema di controllo efficace. Prendiamo l’abolizione del falso in bilancio: non l’ha voluta solo Berlusconi ma gli industriali che premevano persino con le petizioni”.

A essere suscettibile di infiltrazioni, secondo il presidente dell’anti-corruzione, non è solo il mondo dell’imprenditoria ma, come tra le altre cose l’immaginario collettivo ha giù interiorizzato molto bene, il mondo della politica. Il tutto attraverso l’istituto delle fondazioni. Cantone, molto diplomatico, parla di “altri mediazioni” ma il significato è chiaro.

E’ inutile imporre la trasparenza nei bilanci dei partiti, che ormai sono spompati e nessuno li finanzia più direttamente. Invece queste fondazioni ottengono spesso attraverso altre mediazioni i quattrini che sono il vero motore delle campagne elettorali. A livello di percezione questa situazione ha raggiunto livello di indecenza. Le donazioni oggi sono fuori da ogni controllo”.

Cantone ha anche ribadito la necessità di rendere, se non appetibile, almeno non svantaggiosa la collaborazione dei corrotti e dei corruttori. Dal momento che le tangenti “non si pagano con i bonifici e davanti a testimoni” l’unico mezzo attraverso cui è possibile dare una svolta alle indagini è la collaborazione. Ovviamente, non si tratta di promette l’impunità ai delinquenti ma di offrire incentivi al “pentitismo”, come giù avviene per i reati di mafia.

Giuseppe Briganti